Cos’è il rischio chimico e chi sono i lavoratori più esposti
9 Maggio 2024
Sicurezza
Il rischio chimico è uno degli aspetti a cui prestare maggiore attenzione quando si parla di sicurezza sul posto di lavoro, soprattutto nelle aziende dove si utilizzano sostanze chimiche potenzialmente pericolose.
Tra i vari rischi a cui i lavoratori possono essere esposti, infatti, quelli legati alle sostanze chimiche occupano un posto di rilievo perché possono provocare incidenti, traumi, incendi ma anche malattie professionali.
Approfondiamo quindi il concetto di rischio chimico, con esempi concreti e suggerimenti per valutarlo e gestirlo in modo efficace nei luoghi di lavoro.
Rischio chimico: definizione ed esempi
Quando si parla di rischio chimico, si fa riferimento al Titolo XI, capo I del D.Lgs 81/08 “Protezione da agenti chimici”.
Gli agenti chimici pericolosi sono quelli che soddisfano i criteri previsti dal Regolamento CE n. 1272/2008 detto CLP (Classification, Labelling, Packaging) oppure quelli che comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro.
Inoltre, occorre distinguere tra pericolo chimico e rischio chimico:
- pericolo: “la proprietà intrinseca di un agente chimico di poter produrre effetti nocivi”. Il Regolamento CE n. 1272/2008 detto CLP (Classification, Labelling, Packaging) che fornisce le indicazioni di pericolo da riportare sulle etichette dei prodotti chimici, prevede 3 tipologie di pericoli: fisici, per la salute, per l’ambiente. Ogni prodotto chimico deve essere dotato di apposita etichettatura che riporta le indicazioni di pericolo corrispondenti a ciascuna classe.
- rischio: “la probabilità che si raggiunga il potenziale nocivo nelle condizioni di utilizzazione o esposizione”. Quindi il termine rischio chimico si riferisce alla possibilità che una sostanza chimica possa causare danni alla salute o all’ambiente durante la sua produzione, la sua manipolazione, il suo trasporto, il suo stoccaggio, o il suo smaltimento.
Sulle persone, i rischi possono manifestarsi attraverso esposizione diretta, inalazione, ingestione o contatto cutaneo, causando possibili effetti quali tossicità acuta, effetti cancerogeni o mutageni, sensibilizzazione delle vie respiratorie, corrosione, irritazione, sensibilizzazione della pelle. Esistono tuttavia anche rischi correlati, come il rischio ambientale e il rischio incendio, in caso di incidenti causati dallo sversamento, dal surriscaldamento o dalla reazione di sostanze chimiche.
Per fare degli esempi, solventi, acidi e gas vengono utilizzati in numerose lavorazioni industriali e di cantiere. Posso però rappresentare un pericolo per la salute dei lavoratori se non vengono maneggiati correttamente. Anche materiali apparentemente innocui, come detergenti e acidi comunemente usati, ad esempio, per la pulizia degli ambienti, possono diventare pericolosi se combinati in modo errato o se vengono utilizzati in ambienti non adeguatamente ventilati.
Come valutare il rischio chimico per la sicurezza dei lavoratori
Come riportato sul sito di INAIL, la valutazione del rischio chimico deve:
“considerare le principali vie di introduzione degli agenti chimici nel corpo umano, in particolare quella respiratoria per inalazione, e quella per assorbimento cutaneo”.
Ma in fase di valutazione è opportuno anche stimare il rischio derivante dalla combinazione tra più sostanze chimiche presenti sul luogo di lavoro.
La valutazione del rischio deve essere svolta prima di aprire un’attività lavorativa e ogni volta che si introduce una nuova procedura che coinvolge l’uso di agenti chimici.
Attraverso la valutazione del rischio è possibile prendere le giuste misure di protezione e mitigazione.
In caso di rischio irrilevante, ad esempio, non è necessario ricorrere a particolari strategie preventive. Ma in caso di rischi significativi è invece obbligatorio adottare delle misure adeguate per prevenire e gestire emergenze come incidenti, incendi, malattie professionali ecc.
La valutazione del rischio chimico è una valutazione del rischio specifica, condotta secondo quanto previsto dall’art 223 del D.Lgs. 81/08, quindi diversa dal DVR o Documento di Valutazione dei Rischi.
Per effettuare la valutazione del rischio chimico occorre innanzitutto fare un censimento di tutte le sostanze chimiche presenti in azienda. Per ogni prodotto contenente sostanze chimiche, le aziende devono avere a disposizione la relativa scheda di sicurezza.
Come previsto dal Regolamento REACH, la Scheda di sicurezza è il documento tecnico in 16 punti in cui vengono elencati tutti i pericoli per la salute e la sicurezza dell’uomo e dell’ambiente di un prodotto chimico ed ha lo scopo di informare il lavoratore in merito alle corretta modalità di stoccaggio, utilizzo e smaltimento di una sostanza o miscela classificate come pericolose. Rappresenta quindi la “carta di identità” di un prodotto chimico detenuto o utilizzato in una attività.
L’obbligo di effettuare la valutazione del rischio chimico è in capo al datore di lavoro.
L’importanza del DVR per le aziende
Il DVR o Documento di Valutazione dei Rischi è un altro strumento essenziale per individuare, valutare e prevenire i potenziali rischi che possono minacciare la sicurezza dei lavoratori. Ciò vale anche nello specifico per il rischio chimico.
Il ruolo di questo Documento non si limita alla semplice prevenzione, ma si estende anche alla riduzione dei rischi stessi.
In Italia, il DVR è obbligatorio per tutte le aziende come disposto dal Decreto Legislativo 81/2008, noto come il Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro. Il compito di redigere e mantenere aggiornato il DVR è del datore di lavoro.
Il documento deve essere redatto entro 90 giorni dall’apertura dell’azienda. Al di là degli obblighi di legge però la valutazione dei rischi è irrinunciabile per le aziende.
Infatti solo attraverso l’identificazione e l’assegnazione di una scala di priorità ai rischi, i datori di lavoro sono in grado di implementare strategie di mitigazione e prevenzione più efficaci, riducendo così i pericoli per i dipendenti, per l’azienda stessa e per l’ambiente circostante.
Chi sono i lavoratori più esposti ai rischi chimici
Sempre l’art. 222 del D.Lgs 81/08 chiarisce cosa si intenda per attività lavorativa che comporta l’esposizione a rischi chimici, e cioè:
“ogni attività lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede l’utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione, l’immagazzinamento, il trasporto o l’eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attività lavorativa”.
Come previsto dall’art. 224 del D.lgs. 81/08, i rischi per i lavoratori derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo attraverso le seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;
d) riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
Inoltre è obbligatorio sottoporre periodicamente alla Sorveglianza Sanitaria affidata al Medico Competente tutti i dipendenti esposti al rischio comico.
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